BUONE PRATICHE FORESTALI

BUONE PRATICHE FORESTALI (D.M. 16/6/05, 21/1/10; DGR 03/04/18)  (bosco06)

Soggetti interessati:

Ministero Politiche Agricole Alimentari Forestali (MIPAAF), Regioni, chiunque dispone di boschi ed aderisce a misure ambientali in ambito PSR

Iter procedurale:

MIPAAF ha individuato con D.M. 21/1/10 le seguenti buone pratiche forestali (il cui rispetto è indispensabile per beneficiare degli aiuti sul PSR) da applicare in:

·         boschi di neo formazione (cioè formazioni boschive di origine naturale di recente insediamento a seguito della contrazione dell’attività agricole e abbandono di aree pascolive), quali:

1)       interventi mirati a valorizzare specie di maggiore valore economico, e tralasciare specie alloctone e/o di scarso interesse commerciale;

2)       interventi di tipo colturale che indirizzano le formazioni pionieristiche verso tipologie forestali stabili;

·         boschi cedui (cioè formazioni boschive costituite essenzialmente da polloni, da trattare in modo differenziato se trattasi di ceduo coetaneo semplice o matricinato e di ceduo disetaneo o a sterzo), quali:

1)       lunghezza del turno di taglio fissata dalla Regione, in modo da evitare uno sfruttamento eccessivo del soprassuolo, in funzione del tipo di formazione forestale;

2)       estensione e continuità delle aree di taglio e tagli intercalari (non obbligatori, ma da eseguire “nelle situazioni in cui è evidente la convenienza economica del taglio”) fissati dalla Regione, in modo da “migliorare economicamente il soprassuolo”, in funzione del tipo di formazione forestale;

3)       specie da utilizzate fissate dalla Regione, in modo da favorire le principali specie di interesse locale (individuare limiti minimi di rilascio per queste) e di obbligare “nelle utilizzazioni di fine turno al rilascio di alcuni polloni di specie pregiate per mantenere un sufficiente livello di diversità specifica”;

4)       criteri di selezione delle matricine fissati dalla Regione, unitamente al numero di matricine da rilasciare per unità di superficie e dimensione dei gruppi, in funzione di specie e caratteristiche ecologiche, climatiche, geomorfologiche dell’area, assegnando preferenza ad esemplari nati da seme e specie più rare e meno rappresentate, in modo da garantire la permanenza di un bosco misto;

·         boschi ad alto fusto (cioè formazioni boschive di origine agamica soggette a rinnovo naturale o artificiale), quali:

1)       turno delle fustaie fissato dalla Regione per tipo di specie e formazione forestale, in modo da evitare un eccessivo sfruttamento del soprassuolo e da potenziare le funzioni non economiche delle fustaie;

2)       dimensioni delle aree soggette al taglio fissate dalla Regione, in modo da ridurre l’impatto del taglio nel soprassuolo delle fustaie;

3)       interventi intercalari fissati dalla Regione per tipo di specie e formazione forestale, in modo da migliorare le caratteristiche colturali ed economiche del soprassuolo;

4)       criteri minimi per la selezione delle principali specie di interesse locale da utilizzare fissati dalla Regione in funzione della “redditività dell’intervento a discapito della salvaguardia di specie protette, pregiate e/o meno rappresentate”;

5)       intensità e modalità di taglio nella gestione delle fustaie fissata dalla Regione, per tipo di governo, specie, formazione forestale e caratteristiche geomorfologiche delle stazioni “con l’obiettivo dell’efficienza economica”;

6)       identificazione delle piante soggette al rilascio a fini ecologici e paesaggistici;

·         boschi cedui e ad alto fusto, quali:

1)       termini di esecuzione e/o di divieto di ripulitura e sfalcio della vegetazione arbustiva ed erbacea presente in tali boschi a fini protettivi (antincendio, idrogeologico) e per motivi colturali fissati dalla Regione, in modo da tutelare la biodiversità;

2)       limiti ad ha. di rilascio di piante morte di grandi dimensioni fissati dalla Regione;

3)       divieto di estirpazione ed asportazione, anche parziale, nelle aree forestali di specie rare e sporadiche fissato dalla Regione, “salvo casi particolari, evitando comunque di arrecare danno diretto ed indiretto ad attività selvicolturali, luoghi, flora spontanea”;

·         cantieri forestali, quali:

1)       pratiche di esbosco (in particolare strascico, semistrascico, a terra con mezzi meccanici, avvallamento con canalette) fissate dalla Regione, in modo da ridurre impatto del cantiere su suolo, vegetazione arbustiva, rinnovazione, fauna selvatica. Escluse pratiche relative all’allestimento del cantiere;

2)       uso privilegiato di carburanti e lubrificanti a basso impatto;

3)       modalità di gestione dei residui di lavorazione (ramaglie, foglie, cime) fissate dalla Regione, in modo da “prevenire abbruciamento, allontanamento del tagliato, concentrazione di questi negli spazi liberi o sul letto di caduta o di rilascio nel bosco, in forma sparsa o raccolto in andane”;

·         arboricoltura da legno (cioè impianti di pioppeto monoclinale o impianti monospecifici, privi di specie di accompagnamento), quali;

1)       lavorazione andante del terreno;

2)       utilizzo di fertilizzante minerale e di fitofarmaci.

Regione  Marche ha definito con DGR 400 del 03/04/2018 i criteri per l’utilizzo degli impianti di arboricoltura da legno beneficiari degli aiuti comunitari, che prevedono:

a)       invio di specifica una richiesta da parte dell’interessato, corredata da:

1)       contratto di fornitura per il ritiro dei tronchi (suddivisi per diametro) da parte della industria di trasformazione/segheria

2)       elaborato tecnico, firmato e timbrato da un tecnico abilitato nelle materie forestali, contenente:

·      descrizione dell’impianto arboreo

·      individuazione di almeno un’area di saggio (avente forma quadrata, con lato di 20 cm, o circolare, con lato di 10 cm.) ogni 2 ha. di superficie oggetto di richiesta. Nell’area di saggio (segnata in modo permanente sul terreno o sugli alberi) occorre rilevare ed elaborare i seguenti parametri: numero degli alberi suddivisi per specie legnosa; numero alberi da tagliare; curva di distribuzione dei diametri ante e post intervento; età delle piante

·      stima del legname derivante dall’intervento, compiuta in base ai dati desunti dalla media delle misurazioni eseguite nelle aree di saggio

3)       planimetria in scala (almeno pari a 1:5000), in cui riportare: aree di intervento; localizzazione delle aree di saggio

4)       documentazione fotografica numerata da più punti di vista (riportare numeri su planimetria)

b)      invio di una richiesta da parte dell’industria di trasformazione o segheria

c)       esistenza nell’area di intervento di una percentuale superiore al 50% di tronchi con diametro (misurato a petto di uomo) maggiore a 20 cm.

d)      invio da parte dell’interessato all’Ente competente della denuncia di inizio dei lavori di taglio (ed eventuale rimozione delle ceppaie). Documento indispensabile per esecuzione di tali operazioni da conservare per almeno 5 anni a partire dalla data di autorizzazione al taglio, insieme al contratto di fornitura con la relativa fattura di vendita all’industria di trasformazione o segheria

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