LICENZIAMENTO (D.Lgs. 23/15, 151/15, 116/16) (lavoro24)
Soggetti interessati:
Ministero del Lavoro e Politiche Sociali (MILPOS); operai, impiegati, quadri assunti con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, o di apprendistato trasformato in contratto a tempo indeterminato; imprese private e Amministrazioni pubbliche, compresi datori di lavoro non imprenditori che svolgono attività senza fini di lucro (di tipo politico, sindacale, culturale, istruzione)
Iter procedurale:
D.Lgs. 23/15 stabilisce che a partire da 7/3/2015 si applicano seguenti norme in caso di licenziamento illegittimo:
- Giudice con pronuncia di licenziamento illegittimo in quanto discriminatorio, o inefficace perché intimato in forma orale o “difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore”:
- ordina a datore di lavoro “reintegro del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto”. Rapporto di lavoro si intende risolto se lavoratore non riprende servizio entro 30 giornida invitato di datore di lavoro, salvo caso di richiesta indennità;
- condanna datore di lavoro a:
- risarcimento del danno provocato a lavoratore con licenziamento, fissando indennità commisurata ad ultima retribuzione per periodo che va da giorno di licenziamento a quello di reintegrazione, dedotto quanto percepito nel suddetto periodo per svolgimento di altre attività lavorative (comunque risarcimento non inferiore a 5 mensilitàdi ultima retribuzione);
- versamento per suddetto periodo dei contributi previdenziali ed assistenziali
Oltre al risarcimento del danno, lavoratore può chiedere a datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, indennità pari a 15 mensilità di ultima retribuzione (Non assoggettata a contribuzione previdenziale) con conseguente risoluzione del rapporto di lavoro. Richiesta di indennità inviata entro 30 giorni da deposito sentenza od invito del datore di lavoro a riprendere servizio.
Norme applicate anche in caso di licenziamento collettivo;
- qualora risulta accertato che non ricorrono estremi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o giusta causa, Giudice dichiara estinto rapporto di lavoro alla data di licenziamento e condanna datore di lavoro a pagamento di indennità (Non assoggetta a contribuzione previdenziale) pari a 2 mensilitàultima retribuzione per ogni anno di servizio (comunque almeno 4 mensilità e non oltre 24). In caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, in cui dimostrato in giudizio “insussistenza del fatto materiale contestatola lavoratore”, per cui “sproporzione del licenziamento”, Giudice annulla licenziamento e condanna datore di lavoro al reintegro del lavoratore nel proprio posto e pagamento di indennità risarcitoria pari ad ultima retribuzione per periodo intercorrente tra giorno di licenziamento e giorno di reintegro, dedotto quanto lavoratore percepito per svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando congrua offerta di lavoro. Indennità risarcitoria comunque non superiore a 12 mensilità. Datore di lavoro deve inoltre versare contributi previdenziali ed assistenziali da giorno di licenziamento a quello di reintegrazione, senza sanzioni per omissione contributiva;
- in caso di licenziamento intimato con vizi formali e procedurali, Giudice dichiara estinto rapporto di lavoro alla data di licenziamento, condannando datore di lavoro al pagamento di indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) di importo pari a 1 mensilitàdi ultima retribuzione per ogni anno di servizio, comunque non inferiore a 2 né superiore a 12 mensilità, salvo che Giudice, su richiesta di lavoratore, non accerti sussistenza dei presupposti per applicazione delle disposizioni precedenti;
- in caso di revoca di licenziamento, purché effettuata entro 15 giorni da notificaa datore di lavoro della sua impugnazione, rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità con diritto del lavoratore a retribuzione maturata prima di revoca, senza applicazione di sanzioni;
- in caso di licenziamento, fermo restando possibilità delle parti di “addivenire ad ogni altra modalità di conciliazione prevista da legge”, datore di lavoro può offrire a lavoratore, entro termini di impugnazione di licenziamento, importo (Non costituisce reddito imponibile IRPEF, né assoggettato a contribuzione previdenziale) pari a 1 mensilitàdi ultima retribuzione per ogni anno di servizio, comunque non meno a 2 mensilità, né oltre 18 mensilità(Pagamento a lavoratore con assegno circolare) la cui accettazione significa estinzione del rapporto alla data del licenziamento e rinuncia ad impugnare licenziamento. Eventuale altre somme concordate in sede di conciliazione “a chiusura di ogni pendenza derivante da rapporto di lavoro sono soggette a regime fiscale ordinario”. Datore di lavoro ha obbligo di comunicare entro 65 giorni cessazione rapporto di lavoro, specificando se avvenuta o menoconciliazione, pena applicazione di sanzione;
- ai fini del calcolo delle indennità di cui sopra, anzianità di servizio del lavoratore passato alle dipendenze di impresa subentrante in appalto computato per intero periodo durante il quale lavoratore impiegato in attività appaltata;
- in caso di frazioni di anno di anzianità di servizio, indennità ed importi di cui sopra riproporzionati e frazione di mese oltre giorno 15 computate per intero;
- in caso di piccole imprese indennità ed importo ridotto del 50%, comunque non oltre 6 mensilità
Art. 26 di D.Lgs. 151/15 stabilisce norme in materia di dimissioni volontarie e di risoluzione consensuali del rapporto di lavoro (escluso lavoro domestico e rapporti di lavoro alle dipendenze di Amministrazioni pubbliche), da inviare, a pena di loro inefficacia, solo con modalità telematiche, a datore di lavoro ed a Direzione territoriale del lavoro competente, secondo le modalità ed i modelli predisposti da Ministero Lavoro.
Lavoratore, entro 7 giorni da invio del modulo, può revocare le proprie dimissioni o risoluzione consensuale, seguendo la stessa procedura.
A tal fine lavoratore può avvalersi di Patronati, Organizzazioni sindacali, consulenti del lavoro, sedi territoriali di Ispettorato Nazionale del Lavoro, Enti bilaterali, Commissioni di certificazione.
Direzione territoriale del lavoro esegue accertamenti in materia ed applica sanzioni in caso di irregolarità accertate.
D.Lgs. 116/16, come modificato da D. Lgs. 117/17, ad art. 1 definisce come fraudolenta qualunque modalità attivata, anche avvalendosi di terzi, volta ad attestare la presenza in servizio del dipendente quando ciò non è vero, così da trarre in inganno il datore di lavoro (compresa Amministrazione Pubblica) circa il rispetto di orario di lavoro da parte di questo. Analoga violazione commette chi abbia agevolato “con la propria condotta attiva o omissiva tale comportamento”. Se la falsa attestazione di presenza in servizio è accertata in flagranza di reato, o mediante strumenti di sorveglianza (v. registrazione di accessi o di presenze), il responsabile della struttura presso cui il dipendente lavora emana, entro 48 ore dal momento in cui si è venuti a conoscenza del reato, senza preventiva audizione di interessato, un provvedimento motivato di sospensione cautelare del dipendente (senza stipendio, ma con garantiti gli assegni familiare). Nel provvedimento, oltre alla contestazione dell’addebito, si invita il dipendente a presentarsi (convocazione con preavviso di almeno 15 giorni) presso l’Ufficio di conciliazione per un contraddittorio a sua difesa, eventualmente accompagnato dal rappresentante sindacale. Dipendente, in caso di grave ed assoluto impedimento, può inviare una memoria scritta, o chiedere il rinvio dell’audizione per non oltre 5 giorni. Ufficio di conciliazione decide nel merito entro 30 giorni dalla ricezione della contestazione di addebito. Violazione dei suddetti termini non determina la decadenza dell’azione disciplinare, nè della sanzione irrogata, salvo che “non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente”.
In caso di dipendente pubblico si provvede inoltre, entro 20 giorni da avvio del procedimento disciplinare, a denunciarlo a Pubblico ministero e segnalarlo a Procura regionale della Corte dei Conti (questa può “emettere invito a dedurre per danno d’immagine” entro tre mesi da conclusione procedura di licenziamento). Ammontare del danno risarcibile è fissato dal Giudice, tenendo conto della rilevanza del fatto, comunque in entità non inferiore a 6 mensilità di ultimo stipendio percepito + interessi + spese di giustizia.
Dirigenti o responsabili di servizio a conoscenza del fatto che non abbiano preso provvedimenti disciplinari (v. sospensione cautelare del dipendente), senza giustificato motivo, commettono illecito disciplinare punibile con licenziamento + segnalazione all’Autorità giudiziaria per accertare sussistenza di eventuali reati
Sanzioni:
Datore di lavoro che altera il modulo delle dimissioni volontarie o risoluzioni consensuali: multa da 5.000 a 30.000 €